IL VINO SI FA IN VIGNA
di Giuseppe Salvatore Grosso Ciponte
“Il vino si fa in vigna.”
È il mantra che i vignaioli, quelli bravi, recitano. Sempre. Ogni volta che, al mattino, si alzano per curare le loro piante. Ogni volta che impugnano, forse, l’arciglione per potare la vite, se hanno una vena romantica.
Lo sa bene Sergio Arcuri, che nella vigna crede, la cura, la protegge da diserbanti, trattamenti chimici e altre diavolerie moderne che circondano la sua vigna.
Fare il vino per un vignaiolo è come per alcuni grandi registi fare un film: è concluso nel momento in cui si finisce la sceneggiatura.
Quando si vendemmia è una festa.
Si è arrivati incolumi alla meta.
Si è raggiunto un buon compromesso con gli umori del clima.
Il film è praticamente fatto.
Nei pochi ettari di Sergio ci sono una vita di cura e conoscenza di ogni centimetro quadrato calpestato, dall’età di otto anni, con il padre che ha sempre curato la vigna e venduto vino sfuso.
Solo negli ultimi quattro anni produce con una tensione spesa a riempire bottiglie da etichettare per fargli guadagnare un mercato diverso.
Dare al suo vino la possibilità di vantare onori fuori dalla propria regione.
L’AIS Calabria ha voluto conoscere da vicino questa realtà che ha premiato con il massimo riconoscimento della guida Vitae (Aris 2011 ha avuto il premio Tastevin).
Siamo andati a trovarlo nella sua terra, ci ha ospitati nella sua cantina. Sergio Arcuri è l’espressione di un modello, un esempio di agricoltura che produce il meglio dalla nostra terra. Questo è un modello di economia sostenibile tanto bello quanto difficile da applicare in una location in cui gli ossimori sono il bello e il brutto di situazioni a volte cattive.
Sergio gioca la sua sfida con molta determinazione e apparente calma. Il suo vino è vigna. Il suo vino è tradizione. Lo si capisce da come si presenta. Lo certifica la sua cantina. Le persone che lo circondano. L’accoglienza familiare.
Lui ha avuto la fortuna di poter provare altre strade prima di capire (o forse avere la conferma) che la via della vigna era quella giusta per lui.
E forse è questo che ha alimentato passione e determinazione. Che gli fa apprezzare la vita impegnativa dei campi.
Le etichette prodotte sono due, un rosso e un rosato.
Il suo Cirò (ARIS Cirò D.O.C.) non conosce botte ed esprime tutto il carattere di un frutto protagonista unico di questo vino.
Le uve del suo rosato (IL MARINETTO Rosato Calabria I.G.T.) non conoscono pressatura fornendo solo un mosto delicato.
Circa diecimila le bottiglie.